Un giorno , forse

Sono sola a casa. La coperta bianca mi accarezza i piedi freddi. Ho la gola che graffia e la lacrima facile mentre rivedo vecchi video di mia figlia che nasce.

Sono una nostalgica. Sciocca e nostalgica direi.

Ho la casa in disordine, la pazienza ballerina e il tempo che vola. Eppure pagherei per rivivere ancora e ancora quegli attimi. Il dolore, il respiro corto, il battito dei nostri cuori insieme paralleli e distinti come due orologi che battono il secondo all’unisono, la notte calda, le mani nelle mani e il sudore sulla fronte. La fatica,la stanchezza e quella forza innaturale paragonabile alla magia.

La gente intorno mi dice che è il momento e in fondo so che ci stiamo arrivando ma per me non è affatto facile.

Sono sola, anzi lo siamo e non è tanto per dire ( come spesso sento dire in giro). Noi soli lo siamo per davvero.

Ci barcameniamo in una gestione familiare che a volte fa saltare i nervi.

Rincorriamo le scadenze, bramiamo attimi di pace sul wc, coccole sul divano o semplicemente un attimo di respiro e nel frattempo drizziamo le antenne pronti a scrutare la prossima influenza.

Si perché l’influenza è il peggio del peggio. E quando colpisce tutti e tre è la fine.

Fortuna c’è masha e orso e la spesa on- line

Dio benedica il signor findus e i suoi bastoncini e anche le zuppe di legumi preventivamente cotte e congelate nei tempi di grassa.

Madre degenere o semplicemente una che si arrangia.

Vorrei anche domani insomma. E lo vorrei altre 10 volte. Come mia nonna.

Ma la realtà non è quella dei libri dei sogni e dei vorrei.

E nessuno sa.

E nessuno capisce

Per cui sogno marisol o chi per lei o per lui.

E chissà se un giorno potrò emozionarmi ancora.

Intanto rivedo la mia piccola sul mio iPhone ..sporca di sangue e guscio d’uovo come lo chiamo io e rivedo la piccola me che nasce per la seconda volta, accanto all’ uomo migliore che potessi mai desiderare.

E si è fatto mezzogiorno. La fronte calda, il libro sulle ginocchia e quella voce che non sta mai zitta che fatico a far tacere.

Un po’ mi imbarazzo, ma c’è chi piange c’è chi disegna c’è chi parla ore a telefono e poi ci sono io che butto parole a caso e sto meglio:

Fine.

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