Piccola te

La mia personcina ha gli occhi tondi ed e’ alta quasi un metro

Una mini me sempre più simile a me che si fa strada nel suo mondo

Quando sei diventata così grande ?? Era ieri che mi stringevi il dito tra le mani

Mi perdo nella vorticosa routine quotidiana e mentre rincorro il tempo tu cresci

Come quando mi prendi per mano e mi porti lontano

E per le carezze che sai già dare

E per gli sguardi rubati che mi parlano e per le ninne pelle a pelle

Se dovessi descrivere la felicità la descriverei esattamente così… istanti che diventano passati in un batter d’occhio e lasciano il sapore dolce amaro dei ricordi

Accendi le mie giornate, e mi sbatti in faccia ciò che conta

Il superfluo con te ha già perso

Non sono nessuno eppure per te sono il mondo

Non chiedo nient’altro, ho già tutto

E mentre io ti parlo d’amore tu mi insegni la vita.

La perdente

Non sono mai abbastanza. Fuori tempo e fuori spazio. Aspetto da una vita il mio turno, qualcuno che mi dica ” brava”, qualcuno a cui non dover dare ma solo ricevere, il risvolto della medaglia insomma. A me non arriva mai e credo che certe cose non siano destinate a me. Ringrazio Dio per cosa sono per dove sono e per quello che ho, lo ringrazio ogni giorno e sono felice certo. Però non brillo mai fuori dalla mia casa, sarò sempre e per sempre anonima. Mediamente carina, un po’ in carne e con i capelli mai a posto. Perennemente in ritardo. Sarò sempre la seconda di qualcuno. Sul lavoro, in famiglia e nella vita. E che non mi si dica che non mi impegno abbastanza perché NO NO NO, io mi impegno anche troppo forse. Questa rincorsa a voler compiacere sempre tutti, le rinunce, i sacrifici il dare dare dare dare smisurato, sempre aspettando…SI …il mio turno, perché spendersi così tanto ( diciamoci la verità )non piace a nessuno, e questo continuo abbassare la testa mi sta logorando. E basta. Quando arriverà il mio turno? Quando sarò tra i vincitori ? Forse per me ci sono altri progetti e devo semplicemente accettare e Restare nella zona grigia come succede da vent’anni e brillare di tanto in tanto solo ai compleanni.

Di pancia..

Il nostro viaggio nell’allattamento finisce oggi.

Un meraviglioso viaggio cominciato 14 mesi fa, fatto di lacrime sangue e denti stretti.

<<Non ce la faccio a continuare..>> – ripetevo con un filo di voce a mio marito – << ho male, sono stanca… forse non è abbastanza ?>>

Lui mi teneva per mano e mi diceva di stare tranquilla, che il male sarebbe passato, che gli unguenti avrebbero lenito le ferite e che ero comunque stata bravissima.

Ho pensato di mollare più di una volta, quando le urla di fame mi stordivano, e l’angoscia del risveglio presagiva ancora una volta dolore.

Eppure non riuscivo a rinunciare a quelle manine calde sulla pelle, al profilo disegnato, agli occhi negli occhi, al nettare bianco che ti colorava le labbra quando ti addormentavi.

Parole di conforto e mani esperte mi hanno permesso di vedere la luce quando tutto era buio per me, e non sarò mai grata abbastanza per tutto l’appoggio e la comprensione. Donne mosse da una passione tangibile e potente.

Finisce oggi…e la sciocca malinconia non si fa attendere.

Muovi i tuoi passi incerti verso il mondo, con gli occhi curiosi di chi ha fame di vita e ti vedo così grande da sentirmi io stessa di nuovo piccola.

Non c’è più il seno a connetterti a me ma c’è la tua manina che mi cerca quando ti addormenti, i sorrisi a 6 denti quando varco la soglia di casa e le carezze sul viso quando sono triste. Tu sai chi sono meglio di chiunque altro. I nostri occhi negli occhi sono esattamente gli stessi di 14 mesi fa, non c’è il seno ma c’è il biberon, e c’è l’amore di una mamma per una figlia, c’è uno sguardo che non ha bisogno di parole e c’è un legame che va oltre tutto ciò che nel mondo può essere razionalmente spiegato.

Scorro le foto e sorrido. Mi ritrovo a cercare nella memoria quei momenti per assaporarne ancora una volta la dolcezza,senza sapere che infondo “adesso” è l’unico momento che vale la pena sentire.

L’uomo che venne dal mare ( forse )

Fa caldo. Annìe dorme di fianco a me. La tenda immobile dell’hotel sul mare mi anticipa la calura che troverò varcata la soglia della stanza numero 1. Potrei preparare i teli, i secchielli, e le mille cianfrusaglie da portare in spiaggia ma ho caldo fame e preferisco scrivere.

Ieri in riva al mare riflettevo, e riflettendo sono arrivata a una conclusione : l’uomo appartiene al mare. Che se ci si sofferma un po’ a pensare e’ vero. Nostro nonno si può dire che è il signor plancton, altrimenti non ci si spiegherebbero tante cose.

Ai primi soli veniamo letteralmente risucchiati dal mare, quell’ immagine di beatitudine che viene proiettata nella mente mentre lavori-mangi-parli, sarà un’ancestrale richiamo a casa. Non si spiega diversamente altrimenti. Non si spiegherebbe altrimenti come mai siamo disposti a ( letteralmente ) soffrire pur di avvicinarci. Perché diciamola tutta : si soffre.

Parcheggio sempre lontano dopo mezz’ora di giri ( se va bene), borse, caldo, spiccioli che non bastano mai per il tagliandino della macchina, attese sotto la capannina del lido per prendere il proprio ombrellone, sempre in fondo e sempre scomodo, la sabbia che scotta, le infradito che si sotterrano, lo shock termino al primo bagno… il cretino con la musica di fianco, il furbo che corre tutto bagnato di fianco al tuo lettino… potrei continuare l’elenco delle cose fastidiose e questo post diventerebbe un lamento perciò mi fermo. Il mare è uno sbattimento. Detto questo credo che sia un piacere solo i primi giorni della stagione quando i più lavorano ancora, e l’ancestrale richiamo diventa un rapporto intimo a due, tra onde e sussurri di pensieri. D’inverno, il mare d’inverno si che è pura poesia. Tutta colpa del mio animo malinconico. Questi gironi di caldo torrido e umidità al 68% io mi dedico all’aria condizionata e al lenzuolo fresco per i due terzi della giornata, il resto del tempo vado a soffrire. Al mare.Annìe si rotola accanto a me, il risveglio è vicino. Il momento di salutare il condizionatore è vicino ma vuol dire anche che la colazione e’ vicina. Unica gioia della mattina. Il mare può aspettare. Lui sa.

La mancanza

Oggi è un giorno così, anzi lo è già da un po’ a dir la verità. Saranno le delusioni o sarà l’estate.

E’ che quando meno te l’aspetti torna la nostalgia a farti visita. Si insinua silenziosa nei pensieri rumorosi del tram tram quotidiano e ti spiazza, crollano le certezze e i progetti, e chi non conosce, chi non l’ha vissuto non saprà mai e non capirà mai.

Manca casa. Manca tutto.

Quel quotidiano sbagliato e disordinato da cui 5 anni fa sono letteralmente fuggita.

Mi manca il portone verde che sbatte e fa rumore e lo sbecco sul penultimo gradino di marmo per le scale.

La cicala del pomeriggio e il parcheggio sempre troppo lontano.

Il pane fresco e profumato che riempie maestoso gli scaffali dei panifici e le strade che sanno di buono.

La vecchietta con la sedia sull’uscio che vende zucchine di stagione, con la crocchia sulla nuca e il grembiule azzurro.

Mi manca la brioche anzi il “ cornetto “ e il cappuccino al nostro bar preferito il sabato mattina, con gli occhi ancora stropicciati dal sonno, a raccontarsi.

I campi arati e dorati

Le verdure dell’orto

La nostra casetta arredata con cura, la camera azzurra, la vista sul verde.

Mia nonna

Le risate con mia sorella e l’odore di mia madre.

Il sabato sera a far tardi e i pranzi interminabili della domenica, con papà che porta i dolcetti. Alla panna e al cioccolato.

La frutta secca che si mangia a fine pasto e non come aperitivo.

Gli amici di una vita

Il mare cristallino, il mio meraviglioso mare.

Sono grata alla vita per tutto ciò che mi ha dato. Sono grata ogni giorno, ma in un piccolissimo angolo di cuore chiuso accuratamente a chiave vivono pulsanti questi ricordi che… a volte capita… come un uragano scompigliano il presente.

Manca tutto e manca troppo. Adesso.

Sarà l’estate, sarà sicuramente l’estate mi ripeto mentre mia figlia mangia una piadina in riva al mare del bagno 152.

Confessioni di una mamma stanca

<<quando lei dorme, dormi anche tu>>…dicevano… utopia!

Questo può valere ( e forse neanche più di tanto ) solo la prima settimana di vita quando, tornata dall’ospedale, nella tua magica bolla rosa ti preoccupi solo di allattare, mangiare e riposare, perché a tutto il resto ci pensa il marito/mamma/sorella.

Una settimana di vita apparentemente vera in cui quasi quasi ci credi pure che non è così faticoso come qualche animo coraggioso dice.

La vita vera comincia il primo lunedì, l’8 giorno in cui ti ritrovi sola, con la creaturina che ha solo te e che vuole solo te. E la tua casa da gestire, le camicie da stirare, i bagni da pulire e con gli ormoni ancora a manetta in circolo arranchi a trovare un equilibrio tra la te che eri e la te+1 che sei ora.

I primi mesi sei ancora perdonata e anche perdonabile se alle camicie stiri solo il colletto e cucini cordon bleu e bastoncini findus.

La vera sfida viene dopo.

Dal latte alle pappe, che bello un po’ di mammite in meno ! Così potrà darle la pappa il papà mentre la mamma si da lo smalto o sistema i capelli. Chiacchiere! La mammite permane e diventa forse anche più forte, a cui si aggiungono i millemila brodini da preparare mentre continui a stirare sempre e solo il colletto della camicia ma migliori con le cene, non per volontà, ma per necessità di rientrare nella 44 di un anno fa.

Poi si torna a lavoro e per quelle 5 ore un po’ prendi fiato, conscia di dover fare poi tutto il resto nel restante tempo. Compreso giocare

Coi brodini finisci per prenderci la mano, coi passati di verdura e i legumi passati anche e molti dei pranzi li passi proprio scongelando scorte last minute pur di nutrirti. Senza sale e senza gusto. Ma salutari.

Per ogni progresso un pericolo un più.

I cassetti non hanno più pace, i bidè, la lavastoviglie presa d’assalto quando è aperta, la borsa lasciata sbadatamente lì vicino a lei, lo scopettino del water nascosto con cura e la carta igienica in coriandoli.

Con millemila giochi sarà sempre più interessante ciò che fai tu e che ovviamente è pericoloso.

Far le pulizie a ritmo di Veo veo è ormai un rito. L’autonomia di un ‘ora passa in fretta e anche il “veo veo que es” non fa più effetto, quindi di corsa a lavare il pavimento prima che scatti l’allarme.

Io non so se è solo la mia bimba esigente o se è un nuovo comune modo di vivere la vita a cui non sono ancora pronta. Certo è che a volte si fa fatica. Sarà il non avere nessun parente vicino, sarà l’essere troppo esigente o non so che, solo che non ricordo più come passavo il tempo prima. Prima di lei. Non mi riconosco più neanche guardando le vecchie foto. Vorrei ritrovarmi e non so come fare.

Tutte perfette e io?

Potrei mandarla al nido o al baby parking ma l’idea di averla lontana da me ( oltre il lavoro ) per una doccia in pace o per avere il bagno pulito mi fa sentire il colpa, e già quasi mi manca.

Quindi la tengo con me, coi nostri giochi, con veo veo mentre lavo i pavimenti e mi dico, nei momenti di sconforto, che sarà piccola solo una volta e che il

Tempo passa veloce e forse un giorno riascolterò le sue canzoncine mentre lei farà beatamente le sue cose senza me.

<< dormi quando lei dorme>>

Forse un po’ è vero. Ora lei dorme addosso a me, potrei stirare e darmi lo smalto ma la tengo vicino vicino . La manina che cerca il mio viso mentre io scrivo di noi. Parole buttate un po’ per caso quasi per potersi sfogare. E sono sciocca a volermi ritrovare so già chi sono, adesso lo so chi sono.

Chi lo ha deciso ?

Guardando questa foto mi viene da pensare quando sono diventata grande.

Era ieri che mi sposavo, e ancora ieri la mia laurea e i weekend fuori porta.

Guardo questa foto e mi rivedo bambina. Come quando mia nonna mi copriva con la copertina di lana a quadretti colorati sul divano mentre fingevo di dormire. Di nascosto la osservavo sparecchiare e aspettavo quel momento come la coccola più bella del mondo.

Quando sono diventata grande?

Vorrei ancora mia mamma che mi prepara la colazione, e la sua mano sulla fronte quando avevo la febbre.

Papà che mi aspetta dall’uscita di scuola. E il suo buffetto sulla guancia.

Ma invece ora sono grande.

Dormo beata con la mia bambina di fianco e sembriamo quasi due amiche che sonnecchiano vicine. La vedo grande e mi rivedo piccola.

Non sono pronta per essere grande eppure sono mamma e moglie e donna e fatico e incasellarmi ogni volta in uno di questi ruoli.

Solo solo me. Meno bella e più cosciente. Con tanta voglia di scrivere, leggere e viaggiare. Di scoprire e meravigliarsi ancora,che combatte con l’orologio frettoloso che corre senza aspettare.

Non mi piacciono i ruoli eppure tutto intorno mi riporta a quel “ non si può più”.

Ma chi lo ha deciso?

Con lei sono più stanca, è vero. A volte alzo gli occhi al cielo per non esplodere. Respiro profondamente ogni qual volta si infila in bocca qualcosa che non deve, per ogni disastro, per ogni giornata storta e per tutte le cose arretrate. Le bollette, le scadenze e il mio sonno.

Ma chi ha deciso che non si può essere più quel che si era? La maternità è un duro lavoro. Toglie tanto regalandoti la bellezza di un sentimento potente e puro. Lei è la forza motrice delle mie giornate ed è con lei che vorrei essere quella che sono sempre stata. Farnetico un po’ forse.

Quel ma- ma-ma mi riporta sulla terra. Eccola lì che mi gioca accanto. Con una scodella e un imbuto. E come nella foto sembriamo due amiche dalla stessa pelle che giocano a far le grandi. Tu con il tuo imbuto e io con le mie parole .

Solo una settimana…

Una settimana. Non e’ poi stato così male. Due maschere viso, impacco all’argilla per domare i capelli trascurati – tanto sono sempre stropicciati dalle tue manine – lo smalto rosso per darmi fiducia. È iniziato così il mio lunedì lavorativo post-maternità . Il camice candido e stranamente stirato alla perfezione quasi mi invogliava a infilarmici dentro. E un po’ mi infastidiva quella strana voglia di rientrare nei miei panni di donna lavoratrice. Ma come ? Non pensi alla tua bambina? Non sei triste per lei? Queste le domande che mi facevano sentire in colpa quando mi solleticava piacevolmente l’idea di tornare a vestire i miei panni da lavoro. Triste pero’ sono stata per davvero nel momento in cui alle 9.05 ho chiuso la porta di casa seguita dai tuoi occhioni inquisitori. Credevi che stessi giocando così come facciamo sempre. Io mi nascondo dietro le mani, dietro la porta e tu mi cerchi, regalandomi un sorriso che illumina la stanza quando mi trovi. Stavolta la porta si è chiusa per davvero. Una stupida piccola lacrimuccia voleva tuffarsi sulla guancia, ma no, non era il caso, mi si sciupava il fard. Nessun rumore da dietro la porta. Bene non stavi piangendo. Brava bimba mia!!! Sono riapparsa “solo” 5 ore dopo. Una sciocchezza per i più…un’infinità per me. Fiduciosa di averti lasciata in buona mani, ho affrontato la giornata nel migliore dei modi. Sorrisi, darsi da fare, senza far intendere che mi mancavi o che contavo le ore che mia separavano da te. Tra un “bentornata” e un “ come sta la tua bambina” realizzavo di essere davvero madre. Strano da dirsi. Standoci assieme si è davvero un’entità unica. È vero quello che dicono. Ci si dimentica quasi di se stessi per ritrovarsi uno nell’altro. Come nelle belle storie d’amore. Quel distacco di 5 ore invece, quei vecchi panni indossati mi hanno ricordato La me che ero e hanno messo in luce La me di adesso. Una mamma. Parlavo della mia bambina quasi stessi parlando di un’altra me. La consapevolezza di esserlo era arrivata proprio quando tu non eri con me. Foto e messaggi fugaci mi tenevano tranquilla. Stavi bene. Avevi dormito, mangiato, giocato. Le 13.30, di corsa a casa. Al diavolo i clienti, il camice stirato lanciato nell’armadietto, la timbratrice spaccava il minuto. Non posso sprecare tempo. Il sorriso più bello del mondo ad attendermi, l’abbraccio che spesso schivi questa volta te lo eri preso tutto. Ferma immobile guancia contro guancia. Una boccata di ossigeno il tuo odore. Ero a casa.

Una settimana soltanto. Eppure mi sembra già che tu abbia fatto progressi senza di me. Sono felice di saperti serena anche se sono via. L’amore dei nonni riempie il tuo tempo ma quando cala la sera, e ti strofini gli occhi stanchi, cerchi le mie braccia. Non t’importa che io stia cenando, che debba lavare i pavimenti o sparecchiare. << mamma basta sistemare , tienimi con te! Guardami rotolare sul divano! Poi fammi addormentare…>>. Non lo dici a parole, ma i tuoi occhi parlano per te.

Così, lascio spesso la cena a metà, facciamo il nostro rito del pigiamino e come ogni sera dopo vari rotolamenti sul divano ti addormenti tra di noi. La Tv intanto parla e racconta di chissà quali storie e di posti incantevoli da scoprire. Ma il nostro posto è qui. Il migliore del mondo. Noi tre sotto la coperta di nonna a sonnecchiare sentendoti respirare vicino.

6 mesi amore mio …

Le coccole nel lettone oggi che compi sei mesi hanno il sapore della nostalgia.

La mezza torta che ti festeggia, il mezzo anno di vita in questo strano posto chiamato mondo, così rumoroso e lontano dalla culla che ti ha dato la vita. La mia pancia ora vuota. Il tuo “dadada”. La manina che vuole afferrare il telefono e i miei occhi intenti a scrivere mentre perdo attimi di te. Se guardassi dalla finestra della nostra stanza vedrei questo. Una mamma ancora in pigiama e una bimba di mezzo anno che si rotola tra le lenzuola. Che scopre ogni giorno se stessa fuori da me. Nei miei pensieri ripercorro il fotogramma di questo tempo insieme. Le giornate che sembravano interminabili adesso vorrei riviverle attimo dopo attimo per ricoglierne i dettagli. Come quando da sciocca prima di addormentarmi rivedo le foto dei tuoi primi respiri di vita. Si può essere così nostalgiche dopo solo sei mesi? Quando ti sposerai non so proprio che farò! Sono solo sei mesi e io sono solo mamma da mezzo anno, per cui mi perdono. “ basta scrivere, guardami mamma!” Ora mi tiri il pigiama e mangiucchi il lembo del lenzuolo. Il tempo della nostalgia e’ finito. Comincia una nuova delirante giornata insieme. Buon mezzo anno amore mio!

Autunno in tre: l’Abruzzo

Il nostro primo autunno a tre ha la cornice dei paesaggi freddi e colorati dell’Abruzzo . Partiti dopo pranzo per un weekend tra la natura ci siamo da subito sentiti parte integrante di essa. Ad accoglierci lungo la strada ,robuste radici che si rincorrevano intrecciandosi lungo le pareti di strade curve e strette. Anche il cielo giocava a nascondino tra i rami e le foglie che si abbracciavano filtrandone la luce. 

 L’hotel che ci ha ospitati aveva l’aspetto un po’ “internazionale” e infatti l’idea di partenza era quella di un weekend tranquillo e in comfort di quelli che facevamo da non genitori . In realtà però il personale gentile, la camera spartana e i monti che facevano capolino dalla finestra hanno ribaltato le aspettative , catapultandoci in pieno mood montanaro. Ricordo con tenerezza l’immagine bucolica di una vecchia signora canuta che seguita dal suo cane raccoglieva rametti per il fuoco . Il freddo , la nanetta e la stanchezza di una settimana ingorda giù in Puglia non ci ha tolto la voglia di esplorare è così bimba in spalla e cappellino ci siamo avventurati lungo il sentiero della “camosciara”. 

Un paesaggio dallo stile vampiresco e gotico si è aperto ai nostri occhi . Sentieri impervi e infogliati nascosti in una fitta schiera di alberi altissimi . Le stradine disconnesse piene di massi e radici rendevano difficile il cammino ma le foglie cadute come un tappeto appositamente sistemato ne attutivano la durezza colorando i passi e allietando la vista . I rami raccolti e sistemati a mo’ di passamaneria facilitavano l’attraversamento delle zone più in pendenza. Ai lati i ruscelli che accarezzavano il terreno e le piccole cascate di acqua fredda e cristallina rimbombavano come musica durante il percorso . Nessun rumore . Solo passi natura e acqua a far da padrona .

 Mai avrei immaginato di emozionarmi così davanti a tanta bellezza , e mai avrei pensato che anche la nostra piccola Italia potesse custodire tesori così preziosi ma poco valorizzati. Il tutto è stato accompagnato dagli amici di una vita , dalle risate , dal vino della casa e dai taglieri di salumi e formaggi . Un fuori porta nuovo , dove ogni colore rispecchiato negli occhi di mia figlia assumeva un significato diverso . Guardiamo tutto con occhi diversi e torniamo un po’ bambini anche noi . Mi rimane il ricordo del giallo del porpora e del viola , il rumore delle foglie sotto i nostri piedi , il freddo sulla faccia che scacciavo baciando il visino caldo di mia figlia addosso e la voglia di tornarci e di scoprire ancora .